Napoli, il sindaco su omicidio 15enne: “Bambini con la pistola”

Il luogo del delitto

Un ragazzo di 15 anni, Emanuele T., è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi, nel pieno centro di Napoli, in corso Umberto I. La sparatoria è avvenuta poco prima delle 2 di notte. Sull’accaduto sta indagando la Squadra mobile della Questura. L’omicidio è avvenuto all’angolo tra il centralissimo corso Umberto I e vico Carminiello al Mercato. La giovane vittima era incensurata. Il ragazzo è stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco. È lo scontro armato tra due gruppi di giovanissimi la pista maggiormente battuta dagli investigatori al lavoro sul caso. I colpi esplosi, non pochi secondo alcuni testimoni, hanno anche danneggiato vetrine di negozi e auto in sosta. Il conflitto a fuoco sarebbe avvenuto tra gruppi di giovani a bordo di diversi motorini. Le indagini stanno cercando di far luce, oltre che sulla dinamica dell’accaduto, anche sul contesto nel quale sarebbe maturato lo scontro armato tra due bande, se legato o meno cioè ad ambienti vicini alla criminalità organizzata. Ancora da chiarire l’eventuale collegamento con il ferimento di un 17enne che nella notte si è presentato all’ospedale Cto con ferite da colpi di arma da fuoco, insieme a un 14enne con diverse escoriazioni.

A seguito dell’omicidio del 15enne, in Prefettura si è svolto un Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, a cui ha partecipato anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. Al termine dell’incontro, il prefetto di Napoli, Michele di Bari ha tenuto una conferenza stampa e ha lanciato un appello alla città: “Ognuno di noi deve fare maggiori sforzi possibili e io sono fiducioso che la città risponderà. C’è bisogno di riappropriarsi di strumenti educativi per far sì che ai ragazzi vengano impartiti i valori. Se oggi un 15enne viene ucciso significa che la vita di un giovane è un valore quasi annientato. Sono fiducioso perché in passato qui l’autorità giudiziaria nel giro di qualche settimana ha sempre individuato i responsabili”. “Anche statisticamente c’è fiducia nell’attività che con grande professionalità la Procura del Tribunale per i minorenni sta facendo, come anche la Procura ordinaria di Napoli”, ha concluso il prefetto. Dell’episodio ha parlato anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, a margine di un’iniziativa all’Università Federico II. “Non è possibile che oggi la camorra e le espressioni camorristiche siano nelle mani di ragazzini di 14, 15 o 16 anni. È un tema da affrontare perché riguarda non solo la sicurezza, ma anche un fenomeno sociale che veramente ci fa rabbrividire”, le parole del primo cittadino di Napoli.  “Queste bande di ragazzini – aggiunge Manfredi – rappresentano un fenomeno nuovo che deve essere affrontato dal punto di vista repressivo, ma anche dal punto di vista del controllo sociale, perché davvero si tratta di bambini con la pistola. Una cosa che veramente colpisce tantissimo”. L’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha dichiarato a sua volta: “È con profondo dolore che apprendo dell’ennesima tragedia che ha colpito la nostra città: la morte di un giovane, appena quindicenne, strappato alla vita dalla violenza criminale. Il mio cuore si stringe attorno alla sua famiglia e a tutta la comunità che oggi piange un’altra vita spezzata”. “Ogni volta che un giovane viene ucciso – ha aggiunto – la nostra città perde una parte del suo futuro, e questo non può lasciarci indifferenti. Non possiamo più restare inermi. È tempo di un cambio di passo, e lo dico con tutta la forza e l’urgenza che richiede questo momento. Prevenzione ed educazione devono essere al centro delle nostre azioni. Le istituzioni, le famiglie, le scuole, le parrocchie, tutti noi siamo chiamati a costruire una rete educativa solida, capace di offrire ai nostri ragazzi un’alternativa alla strada e alla criminalità. Non possiamo permettere che la disperazione e la mancanza di opportunità conducano i nostri giovani nelle mani della violenza. Chiedo con forza un impegno concreto per creare percorsi educativi che partano dai primi anni di vita, che siano capaci di raggiungere soprattutto le famiglie più fragili. I nostri ragazzi devono poter vedere un futuro diverso, un futuro fatto di speranza e possibilità, e non di armi e violenza”.

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