Il 19enne di origini egiziane Ramy Elgaml è deceduto la notte tra sabato e domenica in un incidente stradale in via Ripamonti, a Milano, dopo essere fuggito in moto con un altro amico all’alt delle forze dell’ordine. L’inseguimento è scattato intorno alle 4 in via Farini, dove i militari hanno intimato l’alt ad uno scooter a bordo del quale viaggiavano due persone. Il veicolo però non si è fermato, forzando il posto di blocco. L’inseguimento è avvenuto su una vasta area attraverso le strade del capoluogo lombardo, finché la moto non si è schiantata contro un muretto. L’impatto è stato fatale per il passeggero dello scooter, Ramy Elgaml, morto poco dopo l’arrivo al Policlinico di Milano. Il conducente, anche lui straniero, è stato invece condotto in ospedale in condizioni meno gravi. Anche i due carabinieri a bordo della gazzella, che ha terminato la sua corsa contro un semaforo, abbattendolo, sono stati condotti in ospedale per accertamenti.
Il ragazzo viveva nella periferia del capoluogo lombardo, nel quartiere Corvetto, dove una settantina di giovani hanno protestato per la morte dell’amico. Gruppi di giovani hanno acceso fuochi d’artificio, lanciato dei petardi e appiccato roghi a bidoni dei rifiuti. Danni ad autobus e macchine parcheggiate. Non appena la situazione si è aggravata sono intervenute le squadre del reparto mobile e, una volta giunte in prossimità del gruppo, sono state lanciate bottiglie e petardi contro le forze dell’ordine che, solo grazie all’utilizzo di lacrimogeni, sono riuscite a far disperdere i manifestanti. Nel corso dei disordini, la Polizia di Stato ha arrestato un cittadino montenegrino di 21 anni, con precedenti e irregolare sul territorio nazionale, per devastazione, resistenza a pubblico ufficiale, incendio, getto pericoloso di cose, accensione ed esplosioni pericolose in concorso. Il ragazzo è stato accompagnato in Questura, dove dopo gli accertamenti di rito è stato condotto al carcere di San Vittore in attesa di convalida. I giovani – inizialmente una trentina – hanno iniziato a manifestare tra via dei Cinquecento e via dei Panigarola, con cori e striscioni come ‘Verità per Ramy’, monitorati a distanza dalla polizia. I manifestanti sono poi aumentati, così come il tono della protesta, con roghi di spazzatura, vandalismi contro la pensilina di un bus e un autobus Atm e lancio di petardi e cocci di bottiglia contro la polizia, che ha reagito con cariche di alleggerimento e lacrimogeni. Il bus è stato devastato e imbrattato con la scritta ‘Ramy vive’, mentre un grosso petardo ha colpito e danneggiato un’auto blindata della polizia. Il gruppo si è poi disperso in tarda serata.
Sui fatti ha scritto su Facebook il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini: “Un 19enne egiziano a Milano scappa dai carabinieri e, dopo un inseguimento, purtroppo rimane ucciso nella caduta dallo scooter. I suoi ‘amici’ decidono di vendicarlo mettendo a ferro e a fuoco il quartiere Corvetto con attacchi alle forze dell’ordine (ritenute colpevoli della morte del ragazzo), lancio di bottiglie, petardi, cassonetti in fiamme e strade paralizzate. Chi sfoga violenza e comportamenti incivili attentando alla vita di donne e uomini in divisa e mettendo in pericolo i cittadini è un delinquente da punire senza clemenza. Ma vi pare normale? È questa la società che vogliono gli ‘accoglienti e solidali’? Altro che “provenienti da Paesi a rischio”, sono loro ad essere un rischio per il nostro Paese”. “Ramy era un mio amico, un ragazzo sempre con il sorriso in faccia. Lo ricorderò sempre così. Oggi chiediamo giustizia, verità, luce sui fatti”. Nadir, un ragazzo che abita a Corvetto a Milano, ricorda così l’amico Ramy, morto la notte tra il 23 e il 24 novembre. La morte di Ramy ha scatenato dure proteste in quartiere con notti di incidenti e tensioni da parte di tanti ragazzi che chiedono di fare piena luce sui fatti. “La maggior parte di chi ha partecipato alle proteste dei giorni scorsi Ramy non lo conosceva, tanti venivano da fuori Milano. Perché? Sarà stato una scintilla, una goccia che ha fatto traboccare il vaso, gente che si è sentita parte offesa, gente che vuole verità”. Sulla vita in quartiere Nadir spiega che “qui negli ultimi anni il degrado è cresciuto e ci sentiamo abbandonati a noi stessi perché mancano opportunità, dalla più banale come un campeggio di calcio sistemato. Lo Stato lo vediamo a loro convenienza”.