Un boato che si è sentito per chilometri, poi le fiamme e la colonna di fumo nero che si è innalzata in aria. È a Calenzano che si ieri è registrata l’ennesima tragedia sul lavoro, una vera strage di operai e lavoratori. Tutto è iniziato alle 10.20 nel deposito di stoccaggio di Eni: la forza dell’esplosione è stata tale che sono andati in frantumi i vetri delle case vicine e alcune ditte sono state fatte evacuare, mentre squadre dei vigili del fuoco sono accorse sul luogo del disastro. Il Comune di Calenzano ha chiesto da subito di chiudere porte e finestre, di spegnere impianti di climatizzazione e non avvicinarsi all’area Eni nei pressi del campo sportivo in via del Pescinale. È scattato anche l’It-Alert e sono giunte sul posto squadre di soccorritori. Fin dalle prime ore è apparso chiaro che si trattasse di una strage e i numeri, impietosi, lo hanno confermato. A oggi il bilancio della prefettura di Firenze è di 4 morti accertati mentre proseguono le ricerche degli altri dispersi. I vigili del fuoco hanno ritrovato i cadaveri di due dei tre dispersi tra le macerie dell’area pensiline di carico del deposito Eni, quella da dove sarebbe partita la deflagrazione. Proseguono le ricerche della terza persona che da ieri risulta dispersa. Le persone rimaste ferite nell’esplosione sono 26, nove delle quali sono state portate in ospedale. Soltanto una delle vittime finora è stata identificata: si tratta dell’autotrasportatore 51enne Vincenzo Martinelli, originario di Napoli ma residente a Prato. La procura di Prato, competente per territorio, ha aperto un fascicolo senza ancora specificare l’ipotesi di reato. La procura “un procedimento penale per appurare le eventuali responsabilità penali” per “l’esplosione, con conseguente incendio e danneggiamento del deposito Eni di Calenzano”, ubicato in via Erbosa n. 27, fa sapere il procuratore di Prato, Luca Tescaroli, con una nota.
L’area dove si trova il deposito Eni, sito sotto normativa Seveso perché a rischio di incidenti rilevanti, secondo il presidente della Toscana, Eugenio Giani, non è ideale per un deposito di stoccaggio con 24 serbatoi di carburanti, “ma è evidente che lo era quando è stata realizzata, perché era aperta campagna e vi era l’immediato collegamento con l’autostrada”, ma “nel frattempo a Calenzano si è sviluppata una forte zona industriale, l’area tra Firenze e Prato si è densamente abitata e per il futuro sicuramente non si presenta appropriata una collocazione di questo genere”, e “indubbiamente dovranno essere revisionate le attività svolte”. “Vedere come sono ridotti tutto il piazzale, le autocisterne che sono sotto è veramente impressionante. Immagino chi era lì a lavorare e che ha subito ferite e chi purtroppo non ce l’ha fatta. Speriamo che” per i dispersi “l’esito non sia nefasto come quello che ci si può aspettare, sono in corso ancora i lavori di ricerca di eventuali sopravvissuti, ma la situazione è davvero indescrivibile”, ha detto il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, al termine di un sopralluogo sul luogo dell’esplosione.
“Sono sopravvissuto perché ero in coda. Sono un miracolato, oggi devo essere felice perché posso ancora stare con mia moglie e con mio figlio. Non erano ancora le 10.30. Ero in attesa di entrare al carico quando c’è stato il boato. Non so dire perché. Ero dietro le pensiline, l’esplosione ha spaccato tutti i vetri del mio mezzo e mi ha ridotto così. Ho sentito le schegge conficcarsi nel viso”. Sono le parole di Marco Giannini, 53 anni, che ieri era in coda per il rifornimento con il camion quando si è verificata l’esplosione a Calenzano, in provincia di Firenze. “Ho capito che dovevo scappare via da lì il più veloce possibile. Sono sceso dal mezzo e mi sentivo ancora stonato, non riuscivo a correre, ma ce l’ho fatta a raggiungere l’uscita. Lì ho trovato altri autisti riusciti a scappare come me da quell’inferno e abbiamo chiamato i soccorsi”, afferma il 53enne ricoverato nell’ospedale Careggi di Firenze. “Ho sentito un boato, i vetri delle finestre sono andati in frantumi e un vetro mi ha ferito in fronte. Solo due punti di sutura fortunatamente”, racconta Nicolas Magnolfi, operaio 29enne di una ditta vicina allo stabilimento Eni di Calenzano. “Mi sono reso conto di quanto era accaduto quando ho visto il fuoco nell’area Eni e sono scappato”, prosegue. Il 29enne spiega poi che “la pericolosità” dello stabilimento Eni “la conoscevamo, ma non fino a questo punto”. Eni desidera esprimere la propria forte vicinanza alle famiglie delle persone decedute e alle persone rimaste coinvolte nell’incidente”, è la nota dell’azienda che ha precisato di stare “pienamente collaborando con l’autorità giudiziaria per l’accertamento delle dinamiche e delle cause dell’esplosione di una delle autobotti presso la pensilina di carico”. In merito all’esplosione, l’Eni in un comunicato “rimanda a quanto comunicato dalla Prefettura circa l’impatto dell’incidente sulle persone”.
L’ennesima tragedia sul lavoro, una vera strage di operai e lavoratori. Da gennaio a ottobre sono stati 890 gli incidenti mortali che hanno coinvolto operai. Una strage infinita quella dei morti sul lavoro che nel 2024 hanno raggiunto numeri da guerra civile. Prima dell’esplosione di oggi, lunedì, nella raffineria Eni di Calenzano (Firenze) in cui sono morte quattro persone, infatti, solo quest’anno ci erano stati altri tre incidenti che avevano causato più di una vittima: l’esplosione nella centrale idroelettrica a Suviana, il crollo nel cantiere di via Mariti a Firenze, la strage degli operai a Casteldaccia, nel palermitano. È il 16 febbraio 2024 quando alle 8.52 un architrave in cemento armato crolla nel cantiere di via Mariti a Firenze dove si sta realizzando un centro Esselunga. Per alcuni degli operai che stanno lavorando nel cantiere non c’è nulla da fare e cinque di loro vengono travolti dalle macerie: a morire sono Mohamed Toukabri, 54 anni, Bouzekri Rahimi, 56 anni, Mohamed El Farhane, 24 anni, Taoufik Haidar, 43 anni, Luigi Coclite, 60 anni. Il 9 aprile 2024 un boato rompe il silenzio a Bargi, frazione di Camugnano, affacciata sul bacino di Suviana, nel bolognese. È da poco passata l’ora di pranzo quando al rumore seguono le fiamme nella centrale idroelettrica di Enel Green Power: al lavoro, tra gli altri, il gruppo che sta effettuando un collaudo alla turbina ai piani -8 e -9. È una strage. Sono 7 i morti, di cui tre deceduti sul colpo e gli altri recuperati nei giorni successivi nella centrale allagata: Vincenzo Franchina, 36 anni, Mario Pisani, 73 anni, Pavel Petronel Tanase, 45 anni, Adriano Scandellari, 57 anni, Paolo Casiraghi, 59 anni, Alessandro D’Andrea, 37 anni, Vincenzo Garzillo, 68 anni. Il 6 maggio 2024 la tragedia segna Casteldaccia, nel palermitano. Alcuni operai di una ditta esterna che aveva in appalto la manutenzione sono al lavoro presso l’impianto Amap di sollevamento delle acque reflue. Un’ora e mezza dopo il loro ingresso nell’impianto è il caos: le esalazioni dell’idrogeno solforato arrivano al gruppo degli operai che iniziano a cadere, morti. Cinque le vittime: Epifanio Assazia, 70 anni; Giuseppe La Barbera, 28 anni; Giuseppe Miraglia, 47 anni; Roberto Ranieri, 51 anni; Ignazio Giordano, 58 anni. Il tutto in un anno che conta, nei primi 10 mesi del 2024, 890 incidenti mortali sul lavoro (+2,5%), con un decremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 672 a 657, e un aumento di quelli occorsi nel tragitto casa-lavoro, da 196 a 233, come rilevato dall’Inail.