Non si placano le polemiche sul Pulcinella in piazza Municipio, che, oltre alle critiche per la somiglianza a un fallo, è coinvolto anche da un’accusa di presunto plagio. A lanciare l’accusa è lo stilista, designer e scultore Gianni Molaro, che, assistito dall’avvocato Sergio D’Avino, ha sporto denuncia contro ignoti. Molaro accusa che: «quel Pulcinella richiama una mia opera degli anni Novanta. Nessuna polemica, ma è giusto chiarire». L’opera da cui avrebbe preso spunto l’installazione in Piazza Plebiscito sarebbe stata pubblicata nello stesso numero di una celebre rivista di architettura – numero 317 dell’Ottobre 2007 della rivista “AD”, come precisa Molaro – nel quale sarebbe stata presente anche un’opera di Gaetano Pesce. L’opera, “ideata” dal maestro Pesce nel corso dei suoi ultimi anni di vita e richiamante una sua precedente realizzazione (lampada di Pulcinella) di poco antecedente, secondo Molaro, richiamerebbe «seppur rivisitata in quanto a materiali e colori, un’opera da me realizzata intorno alla metà degli anni Novanta e già edita su alcune delle più importanti riviste di interior design a livello nazionale». «Si tratta di due cilindri terminanti con un collo di camicia. Nel caso specifico l’opera, progettata per adeguarsi, con varie varianti, ai diversi contesti, aveva i cilindri addobbati con cravatta e fungeva da base per la collocazione di due ulteriori sculture raffiguranti, in forma stilizzata, una testa maschile e una femminile. Appena un paio di pagine prima di quelle su riferite, veniva pubblicata un’opera (vaso da arredamento) dello stesso Pesce Gaetano. Appare, pertanto, più che plausibile che lo stesso abbia avuto nella sua disponibilità copia del numero della rivista e tratto da essa “ispirazione” per la sua futura opera».
Molaro ha chiesto quindi l’immediato sequestro e la rimozione dell’opera: «È evidente che chi ha operato il plagio non c’è più e non può ragguagliarci in merito, ma trovo giusto e rispettoso che si sappia e si dica che l’autore dell’idea originale da cui è scaturita quell’opera sono io. È evidente che nel mondo ci sono tante copie degli orologi sciolti di Dalì, ma tutti vedendole capiscono subito qual è la fonte. Cambiare qualche dettaglio non significa aver creato un’opera nuova, scaturita dal proprio ingegno e pensiero». In merito alla comparazione delle due opere, «ai fini della configurabilità del reato di plagio non occorre verificare in concreto la possibilità di confusione tra le due – così come avviene per i segni distintivi dell’impresa – bensì la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria». «Ciò – secondo Molaro – si verifica anche nel caso del cosiddetto “plagio evolutivo”, ovvero laddove la nuova opera, per quanto non pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, a causa del tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento che su di essa è stato eseguito, si traduce, non in un’opera originale e individuale ma nell’abusiva, non autorizzata, rielaborazione di quest’ultima compiuta, comunque, in violazione degli artt. 4 e 18 legge sul diritto d’autore».