Allarme malattia X dal Congo: ipotesi agente patogeno respiratorio

di Pierluigi Perretta
9 Minuti di lettura
Test in Africa per malattia misteriosa in Congo

Non ci sono certezze sull’origine della ‘malattia X’ o malattia misteriosa in Congo che sta provocando morti e che come sintomi ha febbre, mal di testa, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie e anemia. La malattia sconosciuta allerta la comunità mondiale segnata dalla pandemia di Covid che non dimentica come anche allora tutto partì da un virus misterioso. La malattia non ancora diagnosticata è stata segnalata a Panzi, località e zona sanitaria della provincia di Kwango nel Sud-Ovest del Paese. Panzi, ‘epicentro’ di questi casi, è una comunità rurale che si trova a più di 700 km dalla capitale Kinshasa. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) fa il punto della situazione e annuncia di aver inviato un team di esperti per indagare sull’origine della malattia sconosciuta. “Un agente patogeno respiratorio, come l’influenza o il Covid-19, è oggetto di studio come possibile causa” della ‘malattia X’ che sta provocando diversi morti nella Repubblica democratica del Congo, spiega l’Oms. I test sono in corso e si esplorano più ipotesi. Oltre a un patogeno respiratorio, puntualizza l’agenzia Onu, anche “la malaria, il morbillo e altri” microrganismi sono sotto esame. I test di laboratorio sono stati eseguiti e fino a quando non ci saranno i risultati, la causa non potrà essere chiarita e viene considerata non identificata, spiegano gli esperti. “L’Oms condividerà ulteriori informazioni sul lavoro in corso per identificare la malattia non appena disponibili“, assicurano dall’agenzia.

Potrebbe trattarsi di un virus come Covid e influenza ma non si escludono altre possibilità. Gli esperti inviati dall’Oms stanno consegnando medicinali essenziali, kit diagnostici e per la raccolta dei campioni, per aiutare ad analizzare e determinare rapidamente la causa della malattia. Il team si concentrerà sul rafforzamento delle misure di risposta, come l’attività di indagine epidemiologica e la raccolta di campioni per i test, la ricerca attiva dei casi, il trattamento e le attività di sensibilizzazione delle persone. Gli esperti lavoreranno anche con i leader della comunità locale per supportare la sorveglianza delle malattie e promuovere misure per prevenire l’infezione e per identificare e segnalare ulteriori casi. L’Italia ha alzato il livello di attenzione sulla malattia di origine sconosciuta che ha portato ai decessi in Congo. Le Usmaf – gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute, che si occupano del controllo sanitario su passeggeri e merci, sono state allertate anche se non esistono voli diretti. Non c’è nessun allarme per l’Italia, ma le Usmaf – come accade in tempi di globalizzazione e di mobilità internazionale – hanno ricevuto la comunicazione su quanto sta accadendo in Congo e sugli eventuali sviluppi da parte delle autorità sanitarie internazionali. “Se un focolaio del genere si fosse visto in Europa o in Asia l’allerta sarebbe molto alta, perché non è normale avere malattie con questa letalità. In Africa, invece, eventi di quel tipo sono già capitati. La popolazione è debole, c’è uno scarso accesso ai servizi sanitari. In questo momento, quindi, c’è grande attenzione e pure un po’ di preoccupazione“. Lo afferma Gianni Rezza, infettivologo ed epidemiologo professore al San Raffaele e già all’Istituto superiore di sanità e al ministero alla Salute, commentando la malattia misteriosa di origine sconosciuta che ha portato a oltre 70 decessi nella Repubblica democratica del Congo. “Nessuno se la sente di escludere nulla. Cinque anni fa si parlava del Covid come di qualcosa che poteva succedere ma non c’erano certezze. Con i distinguo del caso, la precauzione vuole che non si escluda nulla. Però mancano ancora gli elementi di base per capire effettivamente quello che sta succedendo. L’allerta globale non c’è – sottolinea Rezza – ma bisogna tenere gli occhi aperti, giusto fare i controlli su chi arriva. Per ora c’è incertezza. I sintomi sono molto generici ma fanno comunque pensare a un problema respiratorio. Certo, la letalità è molto alta, con tantissimi decessi tra i bambini sotto i 5 anni, cosa molto grave. Si potrebbe pensare a una febbre emorragica ma dal punto di vista clinico la autorità sanitarie la riconoscerebbero, anche perché in Congo hanno esperienza di questo tipo di malattie“. L’infettivologo evidenzia come si siano ‘‘già da subito attivati anche i Cdc, centri per il controllo delle malattie, africani. Abbiamo un sistema di allerta mondiale grazie al Covid. Senza quello il focolaio in Africa probabilmente sarebbe andato avanti. E invece un problema sanitario in un’area ristretta del mondo è salito alla piena attenzione internazionale“, conclude Rezza.

Maria Rosaria Campitiello, a capo del Dipartimento della Prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute, spiega in una nota che “la sorveglianza è attiva e monitoriamo costantemente la situazione senza allarmismi, ma con la doverosa attenzione“. “Il ministero, in modo responsabile – conferma – si è attivato in via cautelativa richiedendo agli uffici periferici Usmaf di assicurare la dovuta attenzione nelle attività di controllo a cui sono preposti“. Anche in Italia si è verificato un caso di ‘malattia X’. Si tratta di un uomo di 50 anni, rientrato in Toscana dal paese africano dove lavora. “Abbiamo ricevuto dall’Istituto Superiore di Sanità la segnalazione che presso l’Ospedale San Luca di Lucca è stato ricoverato un paziente di rientro dal Congo con sintomatologia influenzale potenzialmente riconducibile a quella descritta negli ultimi giorni nel Paese africano. La persona ricoverata dal 22 novembre è stata dimessa il 3 dicembre perché guarita. Stamane l’ospedale di Lucca ha informato l’Istituto Superiore di Sanità che sta monitorando la situazione in costante contatto con il Ministero della Salute“, dice Maria Rosaria Campitiello. “Il Ministero – conclude – sta procedendo con i dovuti accertamenti e i campioni prelevati verranno prontamente analizzati dall’Istituto Superiore della Sanità”. “La struttura di Malattie infettive, insieme a Direzione sanitaria e ospedaliera e al Dipartimento della Prevenzione, ha effettuato un lavoro di verifica a 360 gradi sulla vicenda e non ci sono al momento profili di rischio“, afferma in una nota l’Azienda Usl Toscana nord ovest in merito al paziente. Il cittadino italiano di 50 anni è rientrato a Lucca dal Congo, dove lavora, ma a quasi 500 km dalla zona dove è stato documentato il focolaio oggetto d’attenzione da parte delle autorità sanitarie internazionali. L’uomo, ricorda l’Azienda Usl Toscana Nord Ovest, era stato ricoverato dal 22 novembre al 3 dicembre con febbre e anemia. Adesso sta bene, così come i suoi familiari. Quando era stato ricoverato non era ancora noto il focolaio emerso in Congo. Dopo essere stato dimesso, il paziente – alla luce delle news relative al focolaio – “è stato richiamato per accertamenti e, come protocollo per sospette arbovirosi, per una questione di massima precauzione, è stato contattato l’Istituto Superiore della Sanità per l’eventuale invio di campioni di sangue. Si è trattato di un’azione precauzionale di verifica e approfondimento“.

 

Share This Article
Leave a Comment