Lavoratori fragili un problema o una risorsa?

Se ne continua a discutere

di Giovanni De Gennaro
5 Minuti di lettura

 

Ansa del 30/08/22: <<il ministro del lavoro Andrea Orlando nella giornata del 29/08/22 presenta a Palazzo Chigi  l’emendamento per la proroga dello smart working per i lavoratori fragili e per i genitori dei figli under 14. Si apprende che la proroga sarebbe sino al 31/12/22. La relativa copertura per i lavoratori del settore pubblico sembrerebbe essere stata reperita con fondi propri del ministero del lavoro.>>

Questo è quanto …

Ma facciamo un passo indietro in attesa del succitato rinnovo, i lavoratori fragili sono senza tutele dall’oramai lontano 30/06/22 ed al momento nessuno sa se vi rientreranno tutti o se saranno considerati tutelabili solo quelli rientranti nel Dm del 04/02/22.

In tale marasma, tutti attendono nella più profonda incertezza, dai malati oncologici agli immunosoppressi stretti e costretti a scegliere tra il lavoro e l’esigenza di salvaguardare la propria salute. Molti richiamati al rientro dalle proprie aziende, hanno consumato ferie e quant’altro in attesa di una decisione da parte del governo pro tempore che ora sembra finalmente alle porte, ma se non dovesse essere così? Cosa fare? Cosa è più urgente tutelare?

Ci sono in ballo al momento una guerra che con non accenna a fermarsi e la probabile se non certa crisi economica dovuta al caro bollette che ben presto metterà in ginocchio il nostro bel paese; per non parlare poi delle imminenti elezioni.

Entrambi i diritti lavoro e salute sono costituzionalmente garantiti e nessuno dovrebbe essere messo dinanzi ad una scelta del genere; discriminatoria, divisiva che impone e ci obbliga a porci delle domande. I lavoratori fragili sono un problema o una risorsa?

In questi due anni ed oltre di pandemia abbiamo conosciuto lo Smart Working. Osannato agli inizi di questa immane tragedia mondiale, oggi quasi del tutto demonizzato;  nonostante gli evidenti e positivi risultati portati da questo nuovo modo di lavorare, il nostro bel paese l’Italia è ancora arcaicamente legata a quei modelli ottocenteschi  che considerano il lavoratore in agile come un fortunato fannullone. Ma è veramente così? Crediamo di no.

I dati ci dicono l’esatto contrario, dimostrano che il lavoro in agile impatta positivamente sulla produttività, sull’ambiente, ma soprattutto sulla vita personale di ognuno di noi. Quindi cosa ne impedisce l’utilizzo massivo?

In tutta l’Europa se ne fa un grande uso, un esempio per tutti la famigerata Inghilterra dove lo Smart Working è utilizzato a tappeto nel back office di tutte le aziende che hanno visto in questi anni ottime performance ed alto gradimento da parte dei lavoratori tutti e non solo dei cosiddetti fragili.

Diversamente qui da noi ci si domanda ancora: cosa mai combineranno questi fannulloni nelle loro case, senza il controllo e la supervisione dei loro responsabili? Eppure questi cosiddetti fannulloni, ci rimettono ticket, energia elettrica, linea telefonica e quant’altro pur di non dover mettere a rischio nel migliore dei casi la loro salute, se non la vita.

Ed allora ci chiediamo cosa  manca per passare alla svelta nel ventunesimo secolo? Di cosa abbiamo bisogno per estendere ad una più ampia platea il lavoro agile?

I sistemi di controllo ci sono ed anche applicabili velocemente, ma ciò nonostante restiamo legati arcaicamente alle nostre idee, preferendo avere il dipendente in presenza, piuttosto che saperlo produttivo e protetto nella sua abitazione, agevolandolo nelle cure di cui necessità senza ulteriori stress.

Ma veniamo a noi: al momento i partiti sono tutti presi dalla campagna elettorale, da una manciata di voti da accaparrarsi un po’ qua ed un po’ là; e queste persone alla fine dei conti rassomigliano più ad un problema che ad una risorsa …

 

 

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